Orto di Montagna

C’è solo un modo per evitare la catastrofe climatica: la Decrescita della nostra economia

COS’E’: Questo articolo contiene una traduzione e adattamento di un post originale che si può trovare qui.
CHI (AUTORE): Dr Jason Hickel – antropologo che lavora su temi di economia politica e giustizia globale. Autore di diversi libri, fra cui  “The Divide: A Brief Guide to Global Inequality and its Solutions” (Penguin, 2017). Scrive anche per il quotidiano e sito web di The Guardian.
QUANDO: Pubblicato a ottobre 2017 sul sito originale e ripreso anche dal sito Resilience.org  (uno dei siti più autorevoli in tema di Resilienza), in questo post.


PERCHE’ L’ARTICOLO E’ QUI …  in questo caso, poi, l’articolo conferma – dall’ambito del mondo di lingua inglese, l’importanza delle tesi sostenute in Italia ad esempio da un movimento come MDF – Movimento Decrescita Felice.

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di Jason Hicksel

Si può quasi sentirlo, il pianeta sempre più scoraggiato. L’estate 2017 ha portato alcune delle più grandi e più distruttive tempeste della storia finora registrata: Harvey ha deposto rifiuti in enormi fasce del Texas; Irma ha lasciato Barbuda praticamente inabitabile; Maria ha devastato la Dominica e ha affondato nell’oscurità Portorico. Le immagini che abbiamo visto nei media sono quasi troppo violente da comprendere per intero. E queste sono le tempeste che hanno fatto notizia; molte altre sono rimaste pressoché ignorate (dai media occidentali, NdR).
Le inondazioni da monsone in India, Bangladesh e Nepal hanno ucciso 1.200 persone e lasciato milioni di senzatetto, ma i media occidentali vi hanno prestato poca attenzione: forse perché è troppo doloroso da vedere tutto insieme.
Ciò che è più inquietante di questa litania di dolore è che si sta solo peggiorando. Un recente articolo pubblicato nella rivista Nature stima che le nostre possibilità di mantenere il riscaldamento globale al di sotto della soglia di pericolo di 2 gradi (centigradi) sono ormai estremamente ridotte: soltanto il 5 per cento all’incirca. È più probabile che ci troviamo già incamminati nella direzione di circa 3.2 gradi di riscaldamento, e forse anche di 4.9 gradi. Se mai gli scienziati sono stati chiari su qualcosa, è che questo livello di cambiamento climatico sarà a dir poco catastrofico.
In effetti, c’è una buona probabilità che renda impossibile la civiltà su larga scala.
Se mai gli scienziati sono stati chiari su qualcosa, è che questo livello di cambiamento climatico sarà a dir poco catastrofico.
Perché le nostre prospettive sono così negative? Secondo gli autori dell’articolo citato sopra, è perché i tagli che stiamo facendo alle emissioni di gas serra sono più che annullati dalla crescita economica. Nei prossimi decenni, potremo ridurre la cosiddetta “carbon intensity” cioè l’intensità di carbonio (misurata come CO2 per unità del PIL) dell’economia mondiale di circa l’1,9 per cento all’anno, dicono, se facciamo pesanti investimenti in energia pulita e tecnologia efficiente. Certo, è un bel passo. Ma finché l’economia continua a crescere oltre questa soglia, le emissioni totali continuano ad aumentare. Adesso stiamo spingendo il PIL mondiale al ritmo del 3 per cento all’anno. Di questo passo, i calcoli che ne risultano non sono certo a nostro favore; al contrario, gli effetti ci stanno arrivando dritti in faccia.
Infatti, secondo i nuovi modelli pubblicati lo scorso anno, con un tasso di base del 3 per cento del PIL, non è possibile ottenere alcun livello di riduzione delle emissioni, anche nelle condizioni dei migliori scenari possibili.
Tutti gli studi, uno dopo l’altro, non fanno altro che mostrare la stessa cosa: mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 2 gradi non è semplicemente compatibile con la crescita economica continua.
Questa è una pillola piuttosto amara da ingoiare. Dopo tutto, in questo momento la crescita del PIL è l’obiettivo primario di tutti i governi della Terra. E nella Silicon Valley, i tecno-ottimisti sperano che un miracolo dell’AI – l’ Intelligenza Artificiale – ci possa consentire di decarbonizzare l’economia del 3 per cento o più all’anno, in modo da poter continuare a far crescere il PIL riducendo le emissioni.
Sembra meraviglioso. Ma ricordiamoci che l’obiettivo non è solo quello di ridurre le emissioni di carbonio – l’obiettivo è ridurle in misura drammaticamente elevata, e in fretta. Quanto in fretta, esattamente? Gli scienziati del clima Kevin Anderson e Alice Bows prevedevano (nel 2010, NdT) che se vogliamo avere almeno il 50 per cento di possibilità di rimanere sotto i 2 gradi, le nazioni ricche dovranno tagliare le emissioni dell’8-10 per cento all’anno … a partire dal 2015.
Quindi, siamo già due anni indietro … visto che finora le nostre riduzioni di emissioni sono state pari a zero.
… mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 2 gradi semplicemente non è compatibile con la crescita economica continua.
Ecco cos’è veramente difficile: NON è  possibile ridurre le emissioni dell’8-10 per cento all’anno decarbonizzando l’economia. Infatti, esiste un forte consenso scientifico sul fatto che riduzioni di emissioni di questa entità siano fattibili solo se interrompiamo la nostra feroce ricerca della crescita economica e facciamo qualcosa di assolutamente senza precedenti: cominciamo a ridurre la nostra produzione e i consumi annuali.
Questo è ciò che gli ecologi chiamano “DECRESCITA PROGRAMMATA”.
(per molti, NdT) Sembra orribile, a prima vista. Sembra un’austerità o una povertà volontaria. Dopo tutto, da decenni ci è stato detto che la crescita del PIL è buona, che è essenziale per il progresso e che se vogliamo sradicare la povertà in tutto il mondo, abbiamo bisogno di più crescita. L’unica ragione per cui stiamo inseguendo la crescita del PIL è perché ci è stato fatto credere che sia l’unico modo per migliorare i redditi e le vite delle persone ordinarie.
Ma NON è così.
Politici ed economisti sono tutti impegnati intorno alla crescita del PIL, perché lo considerano preferibile alla ridistribuzione. Vogliono piuttosto ingrandire la torta che non impegnarsi nell’ingrato compito di dividere in modo più equo ciò che già abbiamo, dal momento che questa seconda opzione tende a dar fastidio alle persone ricche. Henry Wallich, ex membro del Consiglio federale della riserva federale, si è espresso in modo chiaro su questo quando ha sottolineato che “la crescita è un sostituto dell’uguaglianza”. Ma possiamo facilmente rovesciare il piccolo avido ragionamento di Wallich: se la crescita è un sostituto dell’uguaglianza, l’uguaglianza può essere un sostituto della crescita.
Condividendo e distribuendo ciò che già abbiamo in modo più giusto ed equo, possiamo rendere inutile il bisogno di crescita economica continua.
L’unica ragione per cui stiamo inseguendo la crescita del PIL è perché ci è stato fatto credere che sia l’unico modo per migliorare i redditi e le vite delle persone ordinarie. Ma NON è così.
In questo senso, la de-crescita non è affatto come l’austerità. Infatti, è esattamente l’opposto. L’austerità significa ridurre le spese sociali e ridurre le imposte sui ricchi per – in teoria – far sì che l’economia continui a crescere. Ciò ha conseguenze devastanti per le vite della gente comune. La Decrescita, al contrario, richiede il taglio degli eccessi dei più ricchi, ridistribuendo le risorse esistenti e investendo in beni sociali: l’assistenza sanitaria universale, l’educazione, l’alloggio a prezzi accessibili, ecc. Il punto è sostenere e perfino migliorare il benessere umano senza bisogno di infinita espansione economica. La Decrescita è una filosofia che sostiene che la nostra economia è già abbastanza abbondante per tutti noi – se solo impariamo a condividere.
Un modo semplice per farlo sarebbe quello di sviluppare un reddito universale di base  e finanziarlo attraverso nuove imposte progressive – tasse sulle emissioni, sulla terra e sull’uso delle risorse, sulle transazioni finanziarie e così via. Questo è il modo più ragionevole ed elegante per condividere la nostra abbondanza e fornisce un ulteriore vantaggio: se il reddito base è abbastanza alto, indurrà le persone a scappare da quei lavori inutili che producono roba inutile, diminuendo almeno in parte la pressione che esercitiamo sul pianeta.
Altro aspetto cruciale è che Decrescita non significa che dobbiamo sbarazzarci di quello che già abbiamo, come stato (o come nazione): case, mobili, scarpe, musei, ferrovie, qualunque cosa. Infatti, non significa nemmeno che dobbiamo smettere di produrre e consumare nuove cose. Significa solo che dobbiamo ridurre la quantità di roba che produciamo e consumiamo ogni anno. Quando la vedi in questo modo, non è poi così minacciosa. Se si diminuisce del 5 per cento all’anno (ciò che gli scienziati affermano sia necessario), significa che dobbiamo ridurre il consumo di nuove cose del 5 per cento. È facile arrivarci anche solo riparando e riutilizzando le cose che abbiamo già.
E possiamo incoraggiare questo approccio più creativo alla “roba” frenando la pubblicità, come Sao Paulo, Chennai e altre città hanno già  fatto.
Naturalmente, ci sono dimensioni più profonde e più strutturali della nostra economia che dovremo cambiare. Uno dei motivi per cui abbiamo bisogno di crescita è quello di pagare tutto il debito che sta pervadendo la nostra economia. Infatti, il nostro sistema monetario è basato sul debito: più del 90% della moneta che circola nella nostra economia è fatto di prestiti creati letteralmente dal nulla da parte delle banche commerciali. Il problema del debito è che nasce già con interessi, e per pagare gli interessi a un tasso composto dobbiamo lavorare, guadagnare e vendere sempre di più ogni anno. In questo senso, ogni dollaro  (o euro, NdT) di nuovi soldi che creiamo riscalda il pianeta. Ma annullando il debito e passando a una moneta libera dal debito, improvvisamente non dovremo lavorare sotto questa pressione implacabile. E le idee per come attuare tutto ciò in giro non mancano.
Tuttavia, dobbiamo essere onesti con noi stessi: la Stern Review prevede che i cambiamenti climatici ci costeranno fra il 5 e il 20 per cento del PIL mondiale ogni anno, il che cambierà in modo violento (e oltre ogni possibile grado di comprensione attuale) la nostra economia, e provocherà enormi sofferenze nel farlo. Le tempeste che scorrazzavano per l’Atlantico quest’iltima estate sono solo un piccolo assaggio di quello che verrà. La scelta è chiara: o ci evolviamo in un futuro oltre il capitalismo, oppure non ce l’avremo affatto, un futuro.

 

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